domenica 4 novembre 2012

Quello che gli uomini non dicono




Noi donne proprio non vogliamo capire e metabolizzare certe cose. Alcune sono più semplici e immediate e vengono di solito esplicitamente messe in chiaro dagli uomini, come per esempio il fatto che detestino andare in giro per shopping, soprattutto se è shopping femmina. Altre invece sono più sottili e delicate, per questo sempre omesse.

Dovremmo essere noi però a capirle in maniera inequivocabile. E’ il caso delle lunghe telefonate.
E’ strano ma sembra che nessuna si sia accorta che il sesso forte odia stare a lungo al telefono, non in generale, ma con la propria donna. Eppure i segnali sono davvero lampanti.

A noi donne piace avere l’illusione che una vera storia d’amore si basi sulla totale condivisione di sensazioni, emozioni, turbamenti e chi più ne ha più ne metta. Sbagliato. L’uomo non ha nel suo cervello lo spazio dedicato alle confidenze, di conseguenza non sente la minima necessità di raccontare gli affari suoi.

Così quando il suo telefono squilla, in quell’orario solito, in quell’istante preciso in cui sta prendendo in mano il joystick della PlayStation, non trasale come facciamo noi quando è lui a chiamarci, bensì lancia un delicato commento di fastidio e punta il cronometro sull’orologio sapendo che dopo una quarantina di minuti sarà finalmente libero. E spera che questi minuti passino in fretta.
Chi ha la fortuna di avere un uomo devoto deve sapere che tutto quello che lui farà è mettersi in modalità telefonata, che funziona più o meno così.

Primi cinque minuti: saluti di apertura. Ripeterà con efficacia, e scegliendola a caso, una di queste frasi: ciao, si dai tutto bene, oggi bene, solito tram tram, niente di nuovo, si dai tutto ok, niente di nuovo, un po’ stanco.

Passati quei 5 minuti scatterà la domanda che darà a lei licenza di parlare per un’altra mezz’ora buona: "e tu?". Da quel momento, in ogni piccolo momento di silenzio in cui lei starà riprendendo fiato, lui emetterà meccanicamente frasi tipo: d’altronde è così, si si è vero, eh vabbeh..ma cosa vuoi ...è così, eeehhh si si, mm mm, si si vero, ah si si, ma non prendertela, chiaro, certamente.

Il momento più alto della telefonata è quello in cui lui dirà la fatidica frase attraverso la quale si guadagnerà tutto l’amore possibile: “amore hai ragione”. - Quanto piace a noi donne sentirci dire che abbiamo ragione? - Da qui in poi lei sarà completamente soddisfatta e si accingerà a chiudere la conversazione.

Lui, preso dall’enfasi della liberazione, si sprecherà in un si tranquilla, ma certo amore, ok a domani.

Possiamo dire quello che vogliamo, accendere quante liti possiamo e far finta di non sapere come vanno le cose. La verità è che siamo delle pazze isteriche mai contente di niente. Se apprezzassimo e ci adeguassimo all’elementarità dei gesti maschili staremmo di gran lunga meglio.

Perché non siamo e non saremo mai noi a dover decidere i modi d’amare degli altri.

Se le mogli fossero una bella cosa, Dio ne avrebbe una
(Proverbio afgano)
 
(pubblicato su Cagliaripad N.6)

sabato 3 novembre 2012

Donne BIO


 


Ci sono donne che non fanno fatica a comprare bio, vivere eco e mangiare light. Godono di ottima salute, conoscono tisane di ogni tipo e sanno che differenza c’è tra il tamari, il shoyu e l’umeboshi.
Ce ne sono altre (presente!) che comprano e mangiano quello che trovano, vivono col reflusso gastro-esofageo, credono che i prodotti orientali siano le t-shirt cucite in Cina e l’unica tisana che conoscono è quella di acqua e Vivincì.

La varietà del mondo è cosa buona e giusta ma noi donne non abbiamo ancora imparato a gestirla. Ci piace troppo occuparci delle cose degli altri senza smettere mai di subire un certo confronto con chi ha abitudini e parvenze diverse dalle nostre.

Una mattina, dopo una serata con cena da guinnes, mi son tirata su dal letto che vedevo ancora i santi. Vestita al volo con la prima cosa che ho trovato mi son precipitata nella farmacia di sotto a cercare qualcosa di chimico che mi facesse digerire quei fuochi d’artificio che sentivo sullo stomaco.
Arrivata mi accodo ad una delle due file. Inizio pian piano a prendere coscienza delle cose e le persone che ho intorno e focalizzo, nella fila accanto, una stangona strepitosa, tirata di tutto punto con trucco, mini, decolleté vertiginose e taglia 40.

Credo di essermi risvegliata dal torpore proprio in quel momento, nell’attimo in cui il mio sguardo è passato da quel tacco 12 écru ai miei sandali verdi Mephisto che di solito fanno la loro porca figura, ma nei piedi dei francescani. Per non parlare dei pantapalazzo blu elettrico macchiati di caffè e la t-shirt XL dell’Heineken presa al pub in una serata sponsorizzata. L’unica cosa che poteva reggere il confronto era il mio chignon, ovvero capelli arruffati fissati in cinque secondi con una pinza degli anni ottanta.

Presa dallo sconforto cerco di spostarmi dietro una colonna finché vengo colta da un guizzo di dignità femmina. Mi tiro su dalla mia postura ricurva, abbasso la vita dei pantaloni per coprire un po’ i miei sandali e mi sbluso sui fianchi il maxi-magliettone per essere più trendy. Aspetto.

Arriva il turno della stangona, mentre si sposta inebria l’aria di eau de femme e gli uomini presenti cominciano a sventagliarsi con le ricette del medico. Io allungo il mio orecchio per sentire meglio quali magici prodotti si debbano acquistare per avere simili effetti:
“Prendo una confezione di bioqualcosa-arnica, una di Serum-piùcose-biolifting e una di nonhocapito-brain”.

E’ il mio turno e non voglio essere da meno, ho la bocca ferma, e la lascio semichiusa per evitare di evidenziare la mia mancata digestione:
“Prendo il tonico BIOderma, una tisana BIO all’achillea, un BIOchetasi e visto che ci sono anche se non mi servono una confezione di fermenti vivi”.

Arrivo a casa troppo contenta di essere  una donna-BIO, ma con la nausea a catenelle dopo aver preso ogni tipo di tisana vomito in meno di cinque minuti. Però è organico BIO.

Fortuna che almeno i fermenti li avevo presi.

(Pubblicato su Cagliaripad N.4)